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PMA Procreazione medicalmente assistita ed il disagio emotivo

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brookepdavis
view post Posted on 3/5/2010, 16:13




Quando una coppia decide che è arrivato il momento di far crescere la famiglia, di veder coronato il sentimento che l’unisce in una nuova vita, mai penserebbe di far parte del 15% di coppie infertili presenti sul territorio nazionale così come dichiarato dall'Istituto Superiore di Sanità.

Di fatto, passati i primi sei mesi di ricerca senza risultati, solitamente inizia a nascere il sospetto che le cose non vadano proprio come ci si aspetti, ma è ancora presto per ricorrere alle strutture competenti.
I ginecologi concordano nel definire infertile una coppia che dopo un anno di rapporti regolari e non protetti non riesce a concepire.

Non va tuttavia dimenticato che una non trascurabile percentuale di coppie riesce ad avere un figlio anche dopo due anni di tentativi, per cui molti preferiscono parlare d’infertilità solo dopo due anni (criterio adottato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità).
Per la maggior parte di queste coppie si può intervenire con diagnosi tempestive, cure farmacologiche e terapie adeguate, ma anche e, soprattutto, con la prevenzione e l'informazione.

Per altre, invece, quando non si ottengono risultati in tempi ragionevoli o qualora venisse diagnosticata una patologia irreversibile, diviene necessario ricorrere alla procreazione medicalmente assistita.
In genere la prima tappa è costituita da cicli di IUI (inseminazione intrauterina).
Si tratta di una tecnica medica che può aiutare in una situazione critica, ma non aumenta la percentuale di fertilità di una coppia ‘normalmente’ fertile che è del 20% circa.
La tecnica d’inseminazione riproduce perfettamente il processo naturale, non è in grado di aumentare la possibilità di successo a meno che il problema non sia la riscontrata difficoltà ad ovulare e la donna venga sottoposta a stimolazione ovarica.

Tuttavia la coppia vi si sottopone con alte aspettative che in caso di fallimento portano a sentimenti ovvi di frustrazione e d’incapacità.
E' importante che ci sia una preparazione alla possibilità di un eventuale insuccesso, pur mantenendo un atteggiamento di positività e di fiducia nelle strutture sanitarie a cui si affida.

La tappa successiva di solito è costituita dalla fivet o dalla icsi.
Si tratta di fecondazione in vitro che necessita di grande motivazione da parte degli aspiranti genitori: la donna viene sottoposta a cicli di stimolazione ovarica per produrre più ovuli possibili.
Questi verranno prelevati, fecondati e reimpiantati in utero (nei casi in cui il punto debole sia il seme si preferisce procedere con la icsi).

In realtà per la coppia l'iter non cambia, infatti la differenza in questi casi è nel lavoro del biologo e nelle modalità di fecondazione.
Questo è un passaggio critico per la coppia: è evidente che è la forte motivazione a spingere una donna a sottoporsi ad iniezioni d'ormoni e a monitoraggi ecografici frequentissimi, percorrendo spesso molti chilometri e investendo moltissime energie fisiche ed emotive.
E' proprio questa stessa motivazione che davanti ad un fallimento la mette in ginocchio.

La scoperta di questa condizione rappresenta un fattore critico per la coppia che si trova a dover fare i conti con uno status diverso da quello previsto dai canoni sociali di famiglia.
La presa di coscienza del problema da inizio ad un calvario fatto di specialisti, terapie, attese e delusioni che si protraggono molto più a lungo delle normali aspettative di coppia.
Una delle cose più importanti da considerare è il senso di colpa che si porta dentro il partner al quale viene diagnosticato il problema.

A tale proposito è essenziale mettere in chiaro che i problemi di sterilità sono della coppia e che questa deve fare fronte comune nella ricerca delle soluzioni, i partner devono sostenersi reciprocamente sia nella delusione e sia nel senso di colpa.
La coppia deve imparare a gestire emotivamente il fatto di farsi aiutare dagli specialisti, lo stare sotto il microscopio.
Spesso non si tiene conto dell’impatto che questo tipo di situazioni possono generare, con il rischio che si determini un’incapacità a superare la frustrazione e i sentimenti dolorosi.

Un'altra causa dell'infertilità è costituita dall'aumento dell’età della coppia che decide di avere il primo figlio: è noto, infatti, che nella donna la capacità riproduttiva diminuisce con l'avanzare dell'età, e inoltre proprio la mancata ricerca di gravidanza negli anni precedenti fa sì che spesso problemi e infezioni di vecchia data lascino uno strascico fondamentale.
Spesso nelle donne oltre i 35 anni se il problema non viene elaborato nella modo migliore viene vissuto in modo persecutorio, poiché ci si sente in colpa per aver aspettato troppo.

Al momento della diagnosi la percentuale di coppie che entrano in crisi è molto alta, perché ci si trova a dover affrontare un vero e proprio lutto; la conseguenza può essere la depressione, la chiusura in se stessi.
L'incapacità a procreare provoca una sensazione di castrazione e impotenza proprio perchè per contro nell'immaginario collettivo della società è una cosa naturalmente ovvia.
Il sentimento d’inutilità, se non è gestito con un atteggiamento d’apertura e condivisione del problema da ambo le parti, rischia di portare ad una rottura anche definitiva.

E' importante riuscire a farsi carico del problema affrontandolo insieme e discutendone apertamente, non negandolo o evitando di pensarci.
Il rischio in queste situazioni è che, anche nel caso di una conclusione felice della fecondazione, l’arrivo del bambino non risolva i problemi di relazione se questi non sono stati gestiti nel modo giusto e per tempo.


Purtroppo la nascita di un figlio destabilizza, se non si è in grado di comunicare e di condividere i propri stati d’animo, può portare a vivere un rapporto con modalità ancor più conflittuali.
Non è facile dire quando occorre elaborare il lutto e provare ad avere una vita felice comunque, perchè questo è un passo che stravolge il progetto di vita comune.
Diviene indispensabile modificare l’obiettivo della coppia e credere in un progetto di vita a due.

Che i figli li faccian tutti, in realtà, non è poi così vero.
Quello che rimane fondamentale, è la capacità di canalizzare le energie, di credere fortemente in ciò che si è nella vita.




fonte WIKIMAMMOLE


 
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